martedì 15 maggio 2012

Le pannocchie e la finanza di Andrea Martire


Da alimento-base che unisce molte popolazioni a pietanza sgradita che divide le coscienze. Particolarmente singolare il destino del mais, oggi. Il prezzo dei beni alimentari più diffusi nel mondo (commodities) non è sfuggito alla finanziarizzazione che attanaglia il nostro mondo. Questo, se in passato dipendeva esclusivamente dal raccolto, e quindi dalla fatica e dal sudore del coltivatore che aveva consacrato la sua esistenza alla terra, ora è figlio della borsa, di quella di Chicago in particolare.

Se il prezzo sale o scende dipende dall'Illinois. Se avete notato che il pane che comprate (quasi) ogni giorno costa di più rispetto al passato, è perché le quotazioni sono salite. Siamo ormai a questo, alla finanziarizzazione dell'agricoltura. Visto che il prezzo si fissa sulla base dell'andamento della domanda mondiale, è facile capire come tenerlo artificialmente alto. Anche la crociata sui biocarburanti lascia qualche sospetto. E' certo che dobbiamo affrancarci dalla schiavitù del petrolio - scarso, costoso ed inquinante - ma stiamo andando nella giusta direzione?

Dato che il prezzo del mais è sempre più alto molti coltivatori, a qualunque latitudine, stanno abbandonando le piantagioni tradizionali per guadagnare di più con le pannocchie e trasformarle in carburante. Appare pertanto sospetto tutto questo fervore per il mais, che soprattutto in sud America ha spodestato colture che venivano trasformate in cibo, perché rendono di più.
Lasciando perdere millenni di tradizioni agricole locali, con relativo danno per la cultura, la società, la gestione del territorio. Così si hanno sempre più pannocchie, si produce sempre più biocarburante che continua ad avere una domanda, e quindi un prezzo, perennemente in crescita. Basti ricordare che il principale granaio del mondo sono gli Stati Uniti, seguiti da paesi in grande ascesa e con pochi scrupoli come Brasile ed Argentina. Come dire, le pianure costano..

Ma il corto circuito che vede protagonista - suo malgrado- il povero mais non finisce qui. A chi giova gestire milioni di tonnellate di mais che non deperisce? In poche parole, chi può avere interessi così forti da investire negli ogm? Le multinazionali della chimica, soprattutto americane e tedesche. Un flusso di danaro ingente si sta riversando verso la ricerca e la sperimentazione. Nonostante gli appelli si moltiplichino (tra gli ultimi, Vandana Shiva e Jeremy Rifkin) lo studio sugli ogm, pur rallentato, non smette. Per combattere la fame nel mondo, spiegano i chimici e biologi delle multinazionali. Purtroppo però, brevettano i semi per rivenderli a carissimo prezzo. Il risultato di questa partita di giro sta nel fatto che i prezzi aumentano costantemente e secondo l'ultimo rapporto Fao (ottobre 2011) quasi un miliardo di persone muore letteralmente di fame.

A livello politico l'Europa si è mossa. Forse non nel modo giusto. Non è impedita la coltivazione (di fatto già presente anche in Italia) di mais ogm ma vengono posti dei paletti alti sull'etichettatura. Cioè, il consumo alimentare deve avvenire nella piena trasparenza e consapevolezza del consumatore. Ciò ha comportato un calo delle vendite in Europa. Per cercare nuovi spazi ed abbassare i costi, le multinazionali si stanno comprando terre ovunque, generando un fenomeno studiato da poco (ricordiamo il bel libro di Stefano Liberti per i tipi di Minimum fax), il land grabbing.
Sostanzialmente, i paesi ricchi tolgono le terre ai paesi poveri. Ecco, quindi, che dalla pannocchia si passa all'attentato alla democrazia. E' un meccanismo perverso cui si è arrivati grazie alla finanziarizzazione dell'agricoltura. Occorre invertire la rotta quanto prima ed andare verso un regime alimentare mondiale più solidaristico e reale.

Andrea Martire

Andrea Martire nasce nel 1973. Dopo essersi occupato di economia si è imbattuto nell'agricoltura, scoprendone la dimensione sociale e le implicazioni nella vita quotidiana. Cercando di mantenere un punto di vista laico ed obiettivo, è il responsabile relazioni esterne di un'organizzazione di rappresentanza del mondo agricolo.

 

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